LA NUOVA DISCIPLINA DEL PART-TIME
Il D.Lgs.
n.81/15, relativo al riordino dei contratti di lavoro, in vigore dal 25 giugno
2015, ha apportato significative modifiche alla disciplina del contratto a
tempo parziale, di seguito riepilogate.
L’art.4, D.Lgs. n.81/15, introduce una nuova
definizione di lavoro a tempo parziale, molto più semplice e generica rispetto
al passato.
Ora non vi è più distinzione legale tra tipo
orizzontale, verticale o misto: ciò non toglie che le possibili riduzioni rimangano,
nella prassi, legate alla riduzione giornaliera o alla concentrazione in
periodi predeterminati, anche in assenza di espresse qualificazioni normative.
A livello contrattuale, l’art.5, D.Lgs. n.81/15,
conferma sostanzialmente quanto in precedenza previsto dall’art.2, D.Lgs. n.61/00,
con la previsione della forma scritta esclusivamente “ai fini della prova”. In assenza della forma scritta, l’esistenza
della riduzione oraria potrà essere fatta valere per testimoni ai sensi
dell’art.2725 cod.civ.: in base a tale articolo, che rinvia al n.3, art.2724 cod.civ.,
la prova per testimoni è ammessa solo quando il contraente abbia perduto, senza
sua colpa, il documento che gli forniva la prova.
L’art.5, co.2, prevede inoltre che, a differenza
dei contratti di lavoro a tempo pieno, debba essere indicato puntualmente,
oltre alla durata ridotta della prestazione lavorativa, la collocazione
temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e
all'anno. Il co.3, art.5, D.Lgs. n.81/15, introduce un’importante novità, che
va a normare un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: quando
l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione della
collocazione “può avvenire anche mediante
rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”.
Il lavoro supplementare
Importanti novità sono state introdotte anche
per gli istituti che consentono una variazione dell’orario di lavoro, e cioè il
lavoro supplementare e le clausole elastiche.
Riguardo al lavoro supplementare, l’art.6, dopo
aver richiamato, al co.1, la possibilità di intervento della contrattazione
collettiva, che regolamenti la facoltà per il datore di lavoro di richiedere
prestazioni supplementari, intendendosi quelle oltre l’orario concordato tra le
parti, al co.2 prevede, in assenza, la possibilità di richiedere al lavoratore
lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore
al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il
lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove
giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di
formazione professionale. Un piccolo inciso sulla nozione: ora l’art.6, co.1,
D.Lgs. n.81/15, prevede espressamente che le prestazioni supplementari possano
conformarsi anche in riferimento alle giornate, alle settimane o ai mesi. La
disciplina previgente, ancorando il supplementare al part-time orizzontale, prevedeva esclusivamente l’aumento delle ore
giornaliere.
Il limite del 25% non deve essere inteso come un
divieto assoluto, in quanto il datore di lavoro può chiedere prestazioni in
eccedenza: il lavoratore in questo caso avrà pieno diritto di rifiutare la
richiesta.
Inoltre, sempre in assenza di disciplina
contrattuale, il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del
15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza
della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti
e differiti.
Sono disciplinate anche le circostanze che
legittimano il rifiuto al lavoro supplementare, riferite esclusivamente al
supplementare legale: comprovate ragioni lavorative, di salute, familiari o di
formazione professionale.
Il co.4, art.6, D.Lgs. n.81/15, disciplina le c.d. clausole elastiche: non viene più
riproposta la spaccatura tra clausole elastiche, volte all’ampliamento
dell’orario di lavoro, e clausole flessibili, funzionali alla variabilità della
collocazione, ma sotto l’ombrello delle clausole elastiche trovano dimora
entrambe le situazioni. Si ritorna, dunque, almeno a livello definitorio, alla
situazione antecedente alla riforma Biagi del D.Lgs. n.61/00.
La legge conferma il preavviso minimo per
l’attivazione delle clausole elastiche, due giorni (art.6, co.5, D.Lgs. n.81/15),
fatte salve diverse intese delle parti, sia nel senso di prevedere un preavviso
più consistente, nella regolamentazione concreta della clausola, sia nel senso
di consentire, con l’accordo del lavoratore, un’attivazione rapida, con un
preavviso inferiore a 2 giorni.
Nell’intento di rendere più flessibile il lavoro
a tempo parziale, il co.6, art.6, D.Lgs. n.81/15, prevede espressamente la
possibilità di utilizzare le clausole flessibili in assenza di contrattazione
collettiva, vincolandone la pattuizione alle procedure di certificazione presso
le apposite commissioni. In esse, ovviamente in forma scritta, dovranno essere
definite a pena di nullità le condizioni e le modalità con le quali il datore
di lavoro può modificarne la collocazione temporale o variarne in aumento la
durata: quest’ultima variazione non può eccedere il 25% della normale
prestazione annua a tempo parziale. Il limite massimo complessivo consente che
vi siano per brevi periodi forti aumento della prestazione lavorativa.
Le modifiche dell’orario, sia in estensione che
come variabilità, determinano in favore del lavoratore una maggiorazione
retributiva onnicomprensiva, pari al 15% della retribuzione oraria globale di
fatto.
Nel co.7, art.6, D.Lgs. n.81/15, si prevedono
una serie di ipotesi in cui il lavoratore ha facoltà di revocare il consenso
prestato alla clausola elastica: lavoratori affetti da patologie oncologiche o
gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, ovvero che riguardino il
coniuge, i figli o il genitore del lavoratore, lavoratore con figlio di età non
superiore a 13 anni e con figlio convivente portatore di handicap, ovvero lavoratori studenti.
Al co.8 si specifica che il rifiuto del
lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce
giustificato motivo di licenziamento.
Trasformazione del rapporto
La disciplina in ordine alle trasformazioni di
orario, da tempo pieno a tempo parziale o viceversa, è contenuta nell’art.8,
D.Lgs. n.81/15, norma che si apre con la previsione che “il rifiuto a trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo
parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.
Con il consenso del lavoratore, e con atto
scritto, il rapporto può essere liberamente trasformato a tempo parziale, o
viceversa, a tempo pieno.
La norma poi estende le situazioni in cui i
lavoratori, trovandosi in situazioni familiari o di salute particolarmente
delicate, hanno diritto alla trasformazione, ovvero diritti di priorità.
I lavoratori affetti da patologie oncologiche, nonché
da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta
capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di
terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso
l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto
alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo
parziale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è
trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.
In caso di patologie oncologiche o gravi patologie
cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori
del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la
lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa
con connotazione di gravità (art.3, co.3, L. n.104/92), che abbia necessità di
assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della
vita, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro
da tempo pieno a tempo parziale.
In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice,
con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio
convivente portatore di handicap ai
sensi dell'art.3, L. n.104/92, è riconosciuta la priorità nella trasformazione
del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Il co.7, art.8, prevede la possibilità di
chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti
del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V, D.Lgs. n.151/01, la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50%. Il datore di lavoro
è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.
www.studiogavioli.it
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