giovedì 17 settembre 2015

La nuova disciplina del Part-Time



LA NUOVA DISCIPLINA DEL PART-TIME

Il D.Lgs. n.81/15, relativo al riordino dei contratti di lavoro, in vigore dal 25 giugno 2015, ha apportato significative modifiche alla disciplina del contratto a tempo parziale, di seguito riepilogate.

Le regole per l’assunzione
L’art.4, D.Lgs. n.81/15, introduce una nuova definizione di lavoro a tempo parziale, molto più semplice e generica rispetto al passato.
Ora non vi è più distinzione legale tra tipo orizzontale, verticale o misto: ciò non toglie che le possibili riduzioni rimangano, nella prassi, legate alla riduzione giornaliera o alla concentrazione in periodi predeterminati, anche in assenza di espresse qualificazioni normative.
A livello contrattuale, l’art.5, D.Lgs. n.81/15, conferma sostanzialmente quanto in precedenza previsto dall’art.2, D.Lgs. n.61/00, con la previsione della forma scritta esclusivamente “ai fini della prova”. In assenza della forma scritta, l’esistenza della riduzione oraria potrà essere fatta valere per testimoni ai sensi dell’art.2725 cod.civ.: in base a tale articolo, che rinvia al n.3, art.2724 cod.civ., la prova per testimoni è ammessa solo quando il contraente abbia perduto, senza sua colpa, il documento che gli forniva la prova.
L’art.5, co.2, prevede inoltre che, a differenza dei contratti di lavoro a tempo pieno, debba essere indicato puntualmente, oltre alla durata ridotta della prestazione lavorativa, la collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Il co.3, art.5, D.Lgs. n.81/15, introduce un’importante novità, che va a normare un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione della collocazione “può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”.

Il lavoro supplementare
Importanti novità sono state introdotte anche per gli istituti che consentono una variazione dell’orario di lavoro, e cioè il lavoro supplementare e le clausole elastiche.
Riguardo al lavoro supplementare, l’art.6, dopo aver richiamato, al co.1, la possibilità di intervento della contrattazione collettiva, che regolamenti la facoltà per il datore di lavoro di richiedere prestazioni supplementari, intendendosi quelle oltre l’orario concordato tra le parti, al co.2 prevede, in assenza, la possibilità di richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Un piccolo inciso sulla nozione: ora l’art.6, co.1, D.Lgs. n.81/15, prevede espressamente che le prestazioni supplementari possano conformarsi anche in riferimento alle giornate, alle settimane o ai mesi. La disciplina previgente, ancorando il supplementare al part-time orizzontale, prevedeva esclusivamente l’aumento delle ore giornaliere.
Il limite del 25% non deve essere inteso come un divieto assoluto, in quanto il datore di lavoro può chiedere prestazioni in eccedenza: il lavoratore in questo caso avrà pieno diritto di rifiutare la richiesta.
Inoltre, sempre in assenza di disciplina contrattuale, il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Sono disciplinate anche le circostanze che legittimano il rifiuto al lavoro supplementare, riferite esclusivamente al supplementare legale: comprovate ragioni lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.
Il co.4, art.6, D.Lgs. n.81/15, disciplina le c.d. clausole elastiche: non viene più riproposta la spaccatura tra clausole elastiche, volte all’ampliamento dell’orario di lavoro, e clausole flessibili, funzionali alla variabilità della collocazione, ma sotto l’ombrello delle clausole elastiche trovano dimora entrambe le situazioni. Si ritorna, dunque, almeno a livello definitorio, alla situazione antecedente alla riforma Biagi del D.Lgs. n.61/00.
La legge conferma il preavviso minimo per l’attivazione delle clausole elastiche, due giorni (art.6, co.5, D.Lgs. n.81/15), fatte salve diverse intese delle parti, sia nel senso di prevedere un preavviso più consistente, nella regolamentazione concreta della clausola, sia nel senso di consentire, con l’accordo del lavoratore, un’attivazione rapida, con un preavviso inferiore a 2 giorni.
Nell’intento di rendere più flessibile il lavoro a tempo parziale, il co.6, art.6, D.Lgs. n.81/15, prevede espressamente la possibilità di utilizzare le clausole flessibili in assenza di contrattazione collettiva, vincolandone la pattuizione alle procedure di certificazione presso le apposite commissioni. In esse, ovviamente in forma scritta, dovranno essere definite a pena di nullità le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro può modificarne la collocazione temporale o variarne in aumento la durata: quest’ultima variazione non può eccedere il 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. Il limite massimo complessivo consente che vi siano per brevi periodi forti aumento della prestazione lavorativa.
Le modifiche dell’orario, sia in estensione che come variabilità, determinano in favore del lavoratore una maggiorazione retributiva onnicomprensiva, pari al 15% della retribuzione oraria globale di fatto.
Nel co.7, art.6, D.Lgs. n.81/15, si prevedono una serie di ipotesi in cui il lavoratore ha facoltà di revocare il consenso prestato alla clausola elastica: lavoratori affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, ovvero che riguardino il coniuge, i figli o il genitore del lavoratore, lavoratore con figlio di età non superiore a 13 anni e con figlio convivente portatore di handicap, ovvero lavoratori studenti.
Al co.8 si specifica che il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

Trasformazione del rapporto
La disciplina in ordine alle trasformazioni di orario, da tempo pieno a tempo parziale o viceversa, è contenuta nell’art.8, D.Lgs. n.81/15, norma che si apre con la previsione che “il rifiuto a trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.
Con il consenso del lavoratore, e con atto scritto, il rapporto può essere liberamente trasformato a tempo parziale, o viceversa, a tempo pieno.
La norma poi estende le situazioni in cui i lavoratori, trovandosi in situazioni familiari o di salute particolarmente delicate, hanno diritto alla trasformazione, ovvero diritti di priorità.
I lavoratori affetti da patologie oncologiche, nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.
In caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità (art.3, co.3, L. n.104/92), che abbia necessità di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'art.3, L. n.104/92, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Il co.7, art.8, prevede la possibilità di chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V, D.Lgs. n.151/01, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50%. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.


www.studiogavioli.it

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