mercoledì 30 settembre 2015

Nuove COCOCO dopo Il JOBS ACT -

A decorrere dal 25 giugno 2015, è abrogata la disciplina dei contratti di collaborazione a progetto (art. 52, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015).

In ogni caso, dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro (art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015):
- esclusivamente personali;
- continuative;
- le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.


Restano esclusi dalla conversione in un contratto di lavoro subordinato (art. 2, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015):

- le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;(Uno dei primi contratti che ha recepito la norma è il CCNL Scuole private Laiche, vedasi sotto)

- le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

- le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società (cd. "collaborazioni tipiche") e dai partecipanti a collegi e commissioni;

- le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (art. 90, L. n. 289/2002);

- le collaborazioni prestate a favore delle pubbliche amministrazioni, almeno fino al completo riordino della disciplina sull’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile. Dal 1° gennaio 2017, è comunque fatto divieto alle stesse di stipulare collaborazioni a carattere personale, continuative, organizzate dal committente.

Peraltro, le parti possono richiedere alle Commissioni di certificazione (art. 76, D.Lgs. n. 276/2003) la certificazione dell’assenza delle suddette condizioni (che, diversamente, determinerebbero la conversione della collaborazione in un contratto di lavoro subordinato). 
In questa circostanza, il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, da un avvocato o un consulente del lavoro.


Con effetto dal 1° gennaio 2016, è previsto un meccanismo di stabilizzazione dei collaboratori e dei lavoratori autonomi che hanno prestato attività lavorativa a favore dell'impresa, con conseguente estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione del rapporto di lavoro (fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione), a condizione che (art. 54, D.Lgs. n. 81/2015):

- i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione (art. 2113, co. 4, del codice civile) o avanti alle Commissioni di certificazione;

- nei 12 mesi successivi alle assunzioni a tempo indeterminato, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.


A decorrere dal 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015) è abrogata la disposizione normativa che sanciva una presunzione di sussistenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa per le prestazioni rese da persona titolare di partita Iva, in presenza di determinate condizioni (art. 69-bis, D.Lgs. n. 276/2003).

La norma, tuttavia, continua ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla suddetta data del 25 giugno 2015 (art. 52, D.Lgs. n. 81/2015).


ESTRATTO  CCNL Scuole private Laiche


(ai sensi della lettera a, comma due art. 2 del D.Lgs. 81/2015 e dell'art. 26 Parte prima del CCNL e a seguito dell’accordo del 5/5/2003 tra ANINSEI e OO.SS CGIL-CISL Scuola-UIL Scuola e SNALS- Conf.SAL, con l'adesione delle OO.SS. CGIL NIDIL, ALAI CISL e CPO UIL).

Le Parti concordano quanto segue,

Art. 1 - Ambito di applicazione e professionalità coinvolte

La presente intesa regola i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con o senza Partita-IVA, instaurati tra le istituzioni aderenti all’ANINSEI e il personale docente, e con riferimento alle norme vigenti, in quanto applicabili,
Per i docenti delle sole istituzioni scolastiche paritarie, ai sensi del comma 5, art. 1 L. 62/2000, il ricorso ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per le prestazioni ordinarie è nella misura non superiore ad un quarto delle prestazioni complessive.
Per tutte le altre istituzioni il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa avviene, per il lavoro autonomo e parasubordinato, nel rispetto di quanto stabilito dalle norme di legge.



giovedì 17 settembre 2015

Tutela Maternità Lavoratrici e Lavoratori Autonomi



TUTELA MATERNITÀ LAVORATRICI E LAVORATORI AUTONOMI

È stato pubblicato in G.U. n.144 del 24 giugno 2015 il D.Lgs. n.80/15, in vigore dal 25 giugno 2015, recante misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'art.1, co.8 e 9, legge delega n.183/14. Il decreto innova, modificandolo, il c.d. Testo Unico maternità (D.Lgs. n.151/01), introducendo, oltre che per i lavoratori dipendenti, rilevanti novità anche per i lavoratori autonomi.

Estensione ai casi di affidamento o adozione dell’indennità di maternità per le lavoratrice autonome iscritte alla Gestione Separata Inps
Il decreto estende alle lavoratrici autonome iscritte alla Gestione Separata Inps il diritto a percepire l’indennità di maternità per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia in caso di adozioni e affidamenti. Nello specifico, la previsione si applica ai soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, nonché ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, in quanto tenuti all’iscrizione alla Gestione Separata, ma solo qualora non siano iscritti ad altre forme obbligatorie di previdenza.
Da sottolineare come, dal 25 giugno, sia garantito il pagamento dell’indennità anche in caso di mancato pagamento dei contributi da parte del committente; di fatto è estensione del principio dell’automaticità della prestazione già riconosciuto ai lavoratori dipendenti.

Estensione dell’indennità di maternità al padre libero professionista iscritto a una forma obbligatoria di previdenza
Viene introdotta la possibilità, per il padre libero professionista, di fruire dell’indennità di maternità pari all’80% di cinque dodicesimi del reddito professionale percepito e denunziato dalla madre nel secondo anno antecedente la gravidanza per il periodo intercorrente tra i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi allo stesso. Il diritto alla percezione di tale indennità sorge in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo al padre del bambino per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre o per il periodo residuo.

Indennità per i lavoratori, madre o padre, iscritti a una forma di previdenza obbligatoria, estesa anche ai casi di adozione e affidamento

Ulteriore novità è la previsione che l’indennità di maternità per le lavoratrici o i lavoratori (in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo al padre del bambino) iscritti a una delle forme di previdenza e assistenza riconosciute spetta anche nei casi di adozione e affidamento di minore. Ciò significa che il lavoratore o la lavoratrice iscritti ad un Ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in caso di adozione nazionale, potranno fruire del congedo durante i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia; in caso di adozione internazionale, invece, il congedo può essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia.

La nuova disciplina del Part-Time



LA NUOVA DISCIPLINA DEL PART-TIME

Il D.Lgs. n.81/15, relativo al riordino dei contratti di lavoro, in vigore dal 25 giugno 2015, ha apportato significative modifiche alla disciplina del contratto a tempo parziale, di seguito riepilogate.

Le regole per l’assunzione
L’art.4, D.Lgs. n.81/15, introduce una nuova definizione di lavoro a tempo parziale, molto più semplice e generica rispetto al passato.
Ora non vi è più distinzione legale tra tipo orizzontale, verticale o misto: ciò non toglie che le possibili riduzioni rimangano, nella prassi, legate alla riduzione giornaliera o alla concentrazione in periodi predeterminati, anche in assenza di espresse qualificazioni normative.
A livello contrattuale, l’art.5, D.Lgs. n.81/15, conferma sostanzialmente quanto in precedenza previsto dall’art.2, D.Lgs. n.61/00, con la previsione della forma scritta esclusivamente “ai fini della prova”. In assenza della forma scritta, l’esistenza della riduzione oraria potrà essere fatta valere per testimoni ai sensi dell’art.2725 cod.civ.: in base a tale articolo, che rinvia al n.3, art.2724 cod.civ., la prova per testimoni è ammessa solo quando il contraente abbia perduto, senza sua colpa, il documento che gli forniva la prova.
L’art.5, co.2, prevede inoltre che, a differenza dei contratti di lavoro a tempo pieno, debba essere indicato puntualmente, oltre alla durata ridotta della prestazione lavorativa, la collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Il co.3, art.5, D.Lgs. n.81/15, introduce un’importante novità, che va a normare un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione della collocazione “può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”.

Il lavoro supplementare
Importanti novità sono state introdotte anche per gli istituti che consentono una variazione dell’orario di lavoro, e cioè il lavoro supplementare e le clausole elastiche.
Riguardo al lavoro supplementare, l’art.6, dopo aver richiamato, al co.1, la possibilità di intervento della contrattazione collettiva, che regolamenti la facoltà per il datore di lavoro di richiedere prestazioni supplementari, intendendosi quelle oltre l’orario concordato tra le parti, al co.2 prevede, in assenza, la possibilità di richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Un piccolo inciso sulla nozione: ora l’art.6, co.1, D.Lgs. n.81/15, prevede espressamente che le prestazioni supplementari possano conformarsi anche in riferimento alle giornate, alle settimane o ai mesi. La disciplina previgente, ancorando il supplementare al part-time orizzontale, prevedeva esclusivamente l’aumento delle ore giornaliere.
Il limite del 25% non deve essere inteso come un divieto assoluto, in quanto il datore di lavoro può chiedere prestazioni in eccedenza: il lavoratore in questo caso avrà pieno diritto di rifiutare la richiesta.
Inoltre, sempre in assenza di disciplina contrattuale, il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Sono disciplinate anche le circostanze che legittimano il rifiuto al lavoro supplementare, riferite esclusivamente al supplementare legale: comprovate ragioni lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.
Il co.4, art.6, D.Lgs. n.81/15, disciplina le c.d. clausole elastiche: non viene più riproposta la spaccatura tra clausole elastiche, volte all’ampliamento dell’orario di lavoro, e clausole flessibili, funzionali alla variabilità della collocazione, ma sotto l’ombrello delle clausole elastiche trovano dimora entrambe le situazioni. Si ritorna, dunque, almeno a livello definitorio, alla situazione antecedente alla riforma Biagi del D.Lgs. n.61/00.
La legge conferma il preavviso minimo per l’attivazione delle clausole elastiche, due giorni (art.6, co.5, D.Lgs. n.81/15), fatte salve diverse intese delle parti, sia nel senso di prevedere un preavviso più consistente, nella regolamentazione concreta della clausola, sia nel senso di consentire, con l’accordo del lavoratore, un’attivazione rapida, con un preavviso inferiore a 2 giorni.
Nell’intento di rendere più flessibile il lavoro a tempo parziale, il co.6, art.6, D.Lgs. n.81/15, prevede espressamente la possibilità di utilizzare le clausole flessibili in assenza di contrattazione collettiva, vincolandone la pattuizione alle procedure di certificazione presso le apposite commissioni. In esse, ovviamente in forma scritta, dovranno essere definite a pena di nullità le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro può modificarne la collocazione temporale o variarne in aumento la durata: quest’ultima variazione non può eccedere il 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. Il limite massimo complessivo consente che vi siano per brevi periodi forti aumento della prestazione lavorativa.
Le modifiche dell’orario, sia in estensione che come variabilità, determinano in favore del lavoratore una maggiorazione retributiva onnicomprensiva, pari al 15% della retribuzione oraria globale di fatto.
Nel co.7, art.6, D.Lgs. n.81/15, si prevedono una serie di ipotesi in cui il lavoratore ha facoltà di revocare il consenso prestato alla clausola elastica: lavoratori affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, ovvero che riguardino il coniuge, i figli o il genitore del lavoratore, lavoratore con figlio di età non superiore a 13 anni e con figlio convivente portatore di handicap, ovvero lavoratori studenti.
Al co.8 si specifica che il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

Trasformazione del rapporto
La disciplina in ordine alle trasformazioni di orario, da tempo pieno a tempo parziale o viceversa, è contenuta nell’art.8, D.Lgs. n.81/15, norma che si apre con la previsione che “il rifiuto a trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.
Con il consenso del lavoratore, e con atto scritto, il rapporto può essere liberamente trasformato a tempo parziale, o viceversa, a tempo pieno.
La norma poi estende le situazioni in cui i lavoratori, trovandosi in situazioni familiari o di salute particolarmente delicate, hanno diritto alla trasformazione, ovvero diritti di priorità.
I lavoratori affetti da patologie oncologiche, nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.
In caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità (art.3, co.3, L. n.104/92), che abbia necessità di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'art.3, L. n.104/92, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Il co.7, art.8, prevede la possibilità di chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V, D.Lgs. n.151/01, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50%. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.


www.studiogavioli.it

Garanzia Giovani : Modalità Fruizione dell' incentivo









Garanzia giovani: modalità di fruizione dell'incentivo


L’Inps, con circolare n.129 del 26 giugno, ha illustrato la disciplina contenuta nei decreti direttoriali del Ministero
del Lavoro 23 gennaio 2015 e 28 maggio 2015, di rettifica del precedente decreto n.1709/14, e offerto istruzioni
per la compilazione dei moduli telematici per la concessione dell’incentivo. In particolare, la circolare rammenta
che il decreto 23 gennaio 2015: ha ampliato la sfera delle tipologie contrattuali per le quali è possibile riconoscere
il bonus occupazionale; ha reso cumulabile l'incentivo con altri incentivi all’assunzione; ha esteso la possibilità
di fruire del bonus alle agenzie di somministrazione. Il decreto 28 maggio 2015 ha invece riconosciuto la possibilità
di usufruire degli incentivi del bonus occupazione anche oltre i limiti di cui al Regolamento (UE) n.1407/13.



Incentivi all'autoimprenditorialità, criteri e modalità di concessione


Pubblicato, nella G.U. 5 settembre 2015, n. 206, il Decreto del Ministero dello sviluppo economico n. 140/2015 recante i criteri e le modalità di concessione alle agevolazioni di cui al capo 0I del titolo I del Decreto Legislativo 21 aprile 2000, n. 185, volte a sostenere nuova imprenditorialità, in tutto il territorio nazionale, attraverso la creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito.
Nello specifico, possono beneficiare delle agevolazioni le imprese:
- costituite in forma societaria, ivi incluse le società cooperative;
- la cui compagine societaria è composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote di partecipazione, da soggetti di età compresa tra i diciotto e i trentacinque anni ovvero da donne;
- costituite da non più di dodici mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione;
- di micro e piccola dimensione.
Ai fini dell'accesso alle agevolazioni tali imprese devono, però:
- essere regolarmente costituite ed essere iscritte nel Registro delle imprese;
- essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali;
- non rientrare tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea.
Il possesso dei requisiti deve essere dimostrato alla data di presentazione della domanda di agevolazione, nel caso di imprese già costituite alla predetta data, ovvero entro quarantacinque giorni dalla data della comunicazione dell’esito dell’istruttoria nel caso in cui la domanda sia presentata da persone fisiche che intendano costituire una nuova società. Non sono ammissibili agli aiuti in questione le imprese controllate da soci controllanti imprese che abbiano cessato, nei dodici mesi precedenti la data di presentazione della richiesta, un'attività analoga a quella cui si riferisce la domanda di agevolazione.
Sono agevolabili, fatti salvi i divieti e le limitazioni stabiliti dal regolamento de minimis, le iniziative che prevedono programmi di investimento non superiori a 1.500.000,00 euro relativi:
- alla produzione di beni nei settori dell'industria, dell'artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli;
- alla fornitura di servizi, in qualsiasi settore;
- al commercio e al turismo;
- alle attività riconducibili anche a più settori di particolare rilevanza per lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile, riguardanti:
1) la filiera turistico-culturale, intesa come attività finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, nonché al miglioramento dei servizi per la ricettività e l'accoglienza;
2) l'innovazione sociale, intesa come produzione di beni e fornitura di servizi che creano nuove relazioni sociali ovvero soddisfano nuovi bisogni sociali, anche attraverso soluzioni innovative.
Le spese ammissibili alle agevolazioni in parola sono quelle relative all'acquisto di beni materiali e immateriali e servizi rientranti nelle seguenti categorie:
- suolo aziendale;
- fabbricati, opere edili / murarie, comprese le ristrutturazioni;
- macchinari, impianti ed attrezzature varie nuovi di fabbrica;
- programmi informatici e servizi per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa;
- brevetti, licenze e marchi;
- formazione specialistica dei soci e dei dipendenti del soggetto beneficiario, funzionali alla realizzazione del progetto;
- consulenze specialistiche.
Le agevolazioni sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento de minimis e assumono la forma di un finanziamento agevolato per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di otto anni e di importo non superiore al settantacinque per cento della spesa ammissibile. Tale finanziamento agevolato è restituito dall'impresa beneficiaria, senza interessi, secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate scadenti il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno, a decorrere dalla prima delle precitate date successiva a quella di erogazione dell'ultima quota a saldo del finanziamento concesso.
L'impresa beneficiaria deve garantire la copertura finanziaria del programma di investimento apportando un contributo finanziario, attraverso risorse proprie ovvero mediante finanziamento esterno, in una forma priva di qualsiasi tipo di sostegno pubblico, pari al venticinque per cento delle spese ammissibili complessive.
I benefici in questione sono concessi sulla base di una procedura valutativa con procedimento a sportello. L'apertura dei termini e le modalità per la presentazione delle domande di agevolazione sono definite dal Ministero con provvedimento del Direttore generale per gli incentivi alle imprese, pubblicato nel sito internet del Soggetto gestore www.invitalia.it e in quello del Ministero www.mise.gov.it. Con il medesimo provvedimento sono fornite le ulteriori istruzioni necessarie ai fini della migliore attuazione dell'intervento.
Le domande di agevolazione sono presentate al Soggetto gestore, che procede, nel rispetto dell'ordine cronologico di presentazione, all'istruttoria delle domande sulla base dei seguenti criteri valutazione:
- adeguatezza e coerenza delle competenze possedute dai soci, per grado di istruzione ovvero pregressa esperienza lavorativa, rispetto alla specifica attività prevista dal piano d'impresa;
- capacità dell'iniziativa di presidiare gli aspetti del processo tecnico-produttivo e organizzativo;
- introduzione di soluzioni innovative sotto il profilo organizzativo, produttivo o commerciale;
- potenzialità del mercato di riferimento, vantaggio competitivo dell'iniziativa proponente e relative strategie di marketing;
- sostenibilità economica e finanziaria dell'iniziativa, con particolare riferimento all'equilibrio e alla coerenza nella composizione interna delle spese ammissibili.
Per ciascuno dei criteri suddetti, alla domanda è attribuito uno specifico punteggio. Le domande di agevolazione, complete dei dati richiesti, sono istruite in tempo utile perché possano essere deliberate entro sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza o di completamento della stessa.
Il Soggetto gestore comunica tempestivamente e, comunque, entro dieci giorni dalla sua conclusione, l'esito dell'istruttoria al soggetto che ha presentato domanda, richiedendo contestualmente l'eventuale ulteriore documentazione necessaria, anche ai fini della successiva verifica tecnica sulla funzionalità del programma di investimento e sulla pertinenza e congruità delle spese indicate in domanda. La verifica tecnica deve essere conclusa entro trenta giorni dalla data della citata comunicazione ovvero dal completamento della documentazione eventualmente necessaria ai fini dell'ammissione alle agevolazioni.
Nel caso di esito negativo delle attività istruttorie, la domanda è rigettata previa apposita comunicazione.
L'erogazione delle agevolazioni avviene su richiesta dell'impresa beneficiaria in non più di tre stati di avanzamento lavori (di seguito SAL), il primo dei quali non può essere inferiore al venticinque per cento dei costi ammessi. Nel caso in cui le agevolazioni siano erogate in relazione a due o tre SAL, l'ultima erogazione non può essere inferiore al dieci per cento dei costi ammessi.
Per ciascuna richiesta di erogazione deve essere presentata idonea documentazione, relativa all'attività svolta e alle spese sostenute, comprensiva delle fatture quietanziate.
E' fatta salva la possibilità per l'impresa beneficiaria di richiedere al Soggetto gestore l'erogazione di una prima quota di agevolazione a titolo di anticipazione, non superiore al venticinque per cento, su presentazione di idonea garanzia.

Le agevolazioni non sono cumulabili con altri aiuti pubblici concessi per le medesime spese, incluse le agevolazioni concesse sulla base del regolamento de minimis, e sono revocate, in misura totale o parziale, nei seguenti casi:
- verifica dell'assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti imputabili al soggetto richiedente le agevolazioni e non sanabili;
- mancato rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del programma di investimento;
- trasferimento, alienazione o destinazione ad usi diversi da quelli previsti nel programma di investimento, senza l'autorizzazione del Soggetto gestore, dei beni mobili e dei diritti aziendali ammessi alle agevolazioni, prima che siano trascorsi tre anni dalla data di ultimazione del programma di investimento medesimo;
- cessazione dell'attività dell'impresa agevolata ovvero sua alienazione, totale o parziale, o concessione in locazione, o trasferimento all'estero prima che siano trascorsi tre anni dalla data di ultimazione del programma di investimento;
- fallimento dell'impresa beneficiaria ovvero apertura nei confronti della stessa di altra procedura concorsuale prima che siano trascorsi tre anni dalla data di ultimazione del programma di investimento;
- mancato adempimento agli obblighi di monitoraggio e controllo;
- mancata restituzione protratta per oltre un anno di una rata del finanziamento concesso;
- negli ulteriori casi previsti nel contratto di finanziamento.

mercoledì 9 settembre 2015

PRIME RIFLESSIONI SULLE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIMISSIONI





PRIME RIFLESSIONI SULLE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIMISSIONI



La nuova modalità telematica di invio delle dimissioni, il diritto di ripensamento e revoca, effetti e conseguenze del mancato utilizzo dei moduli


È piuttosto diffuso il deplorevole fenomeno delle “dimissioni in bianco”: si tratta della prassi con cui, alcune aziende, fanno sottoscrivere al lavoratore, già all’atto dell’assunzione, una lettera di dimissioni senza data, in modo tale che il datore la potrà tirare fuori dal cassetto e datarla non appena intende licenziare il dipendente, facendo passare l’atto come un volontario atto di dimissione; in questo modo al dipendente vengono preclusi i diritti e le tutele previste per il caso di licenziamento illegittimo.

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Oggi i decreti attuativi del Job Act hanno riformato la materia, con l’introduzione di una nuova procedura finalizzata principalmente a scongiurare il fenomeno.

Lo scopo della nuova norma è quella di precedere una modalità semplificata di dimissioni onde garantire data certa nonché l’autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore.









L’ATTUALE DISCIPLINA DELLE DIMISSIONI

LA NUOVA DISCIPLINA DELLE DIMISSIONI



L’efficacia delle dimissioni è condizionata alla cosiddetta procedura di convalida (o alla mancanza di convalida nei termini stabiliti dalla legge). Fino a quel momento le dimissioni sono considerate valide ma inefficaci e, quindi, il contratto di lavoro non può intendersi cessato.

Convalida
Per rendere efficaci le proprie dimissioni, il lavoratore deve, alternativamente:

– sottoscrivere un’apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro;
– procedere alla convalida presso le sedi competenti: la DTL o il Centro per l’impiego territorialmente competenti o le sedi individuate dai CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

La convalida non è richiesta se la cessazione del rapporto rientra nell’ambito di procedure di riduzione del personale svolte in sede qualificata istituzionale o sindacale (ad esempio in sede di conciliazione davanti all’apposita commissione).

La convalida effettuata presso le DTL viene svolta senza particolari formalità istruttorie, limitandosi i funzionari a raccogliere la genuina manifestazione della volontà del lavoratore a dimettersi.


In mancanza di convalida o di sottoscrizione della dichiarazione, il datore di lavoro che voglia rendere efficaci le dimissioni, deve trasmettere al lavoratore – entro 30 giorni dalla data delle dimissioni – un invito scritto a presentarsi presso le sedi competenti per la convalida o ad apporre la sottoscrizione.

A questo punto possono presentarsi le seguenti situazioni:
– il datore di lavoro non provvede, nel termine dei 30 giorni, a trasmettere al lavoratore l’invito: le dimissioni sono definitivamente prive di effetto;

– l’invito è recapitato nel termine dei 30 giorni. In tal caso, entro 7 giorni di calendario dalla ricezione dell’invito, il lavoratore può:

a- non aderire all’invito del datore di lavoro: il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto con effetto dalla data delle dimissioni;

b- aderire all’invito del datore di lavoro e convalidare le dimissioni (presso le sedi competenti o firmando la dichiarazione): le dimissioni acquistano efficacia definitiva e il rapporto si risolve con effetto dalla data delle dimissioni;

c- revocare le dimissioni: in tal caso il rapporto di lavoro si ripristina.
Alla revoca conseguono la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni connesse al recesso e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.


Con la nuova disciplina i lavoratori intenzionati a rassegnare le dimissioni o a risolvere consensualmente il rapporto di lavoro dovranno farlo esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal ministero del Lavoro attraverso il sito istituzionale. Le stesse dovranno poi essere inviate al datore di lavoro e alla Dtl competente.

La trasmissione dei moduli potrà anche avvenire per il tramite di patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali e commissioni di certificazione.

Il mancato utilizzo dei moduli ministeriali determina l’inefficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale.


Anche in questo caso, come in precedenza, il lavoratore può ripensarci e revocare le dimissioni. La revoca deve intervenire entro 7 giorni dalla data di invio dei moduli e deve essere comunicata con modalità analoghe a quelle delle dimissioni.

Saranno individuati dal ministero del Lavoro, con un apposito decreto, le modalità di trasmissione nonché i dati identificativi del rapporto di lavoro, del lavoratore, del datore di lavoro e gli standard tecnici volti a definire la data certa di invio. Sino ad allora continuerà a trovare applicazione la disciplina contenuta nella legge Fornero.


Le dimissioni o le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro presentate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni del bambino continueranno a dover essere convalidate esclusivamente dal servizio ispettivo.










Tali modalità di dimissioni non si applicano al lavoro domestico e nei casi in cui le stesse intervengano nelle sedi cosiddette protette.

Licenziamento lecito se inadempimento Grave



Licenziamento lecito se l’inadempimento è realmente grave

Cassazione - Sentenza 25/06/2015 - n. 13158


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13158 del 25 giugno 2015, ha stabilito che per giustificare il licenziamento, l'inadempimento del lavoratore deve essere grave.
In particolare, è principio consolidato della giurisprudenza di legittimità che, in tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l'influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore, che, per le sue concrete modalità e il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza.


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Infortunio in Itinere




Infortunio in itinere


Incidenti risarciti dall’Inail avvenuti durante il tragitto casa-lavoro (o viceversa): una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n17685 fa il punto della situazione e spiega, a tutti i dipendenti, quando è possibile chiedere il risarcimento del danno. Ma procediamo con ordine e ricordiamo cos’è quello che, dai tecnici del diritto, viene definito infortunio in itinere.

1) Cos’è l’infortunio in itinere
Si tratta dell’infortunio capitato al lavoratore:
– durante il “normale percorso” di andata e ritorno dal luogo di abitazione al luogo di lavoro;
– oppure durante il “normale percorso” che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro;
– oppure durante il “normale percorso” di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale.

2) Qual è il normale percorso che il lavoratore deve scegliere per essere risarcito?
Il “normale percorso” casa-lavoro (e viceversa) è considerato quello “più breve e diretto”. Per cui gli incidenti verificatisi nel corso di deviazioni o in differenti tragitti non vengono risarciti.

Eccezionalmente è possibile scegliere il percorso più lungo, ma solo se giustificato da particolari condizioni di viabilità (si pensi al traffico, ai lavori in corso in una strada, ecc.).

3) Quando è consentita la deviazione dal normale percorso?
Non è dovuto alcun risarcimento se l’interruzione o la deviazione è del tutto indipendente dal lavoro o, comunque non necessaria.

L’infortunio è tutelato in caso di interruzioni o deviazioni effettuate:
– in attuazione di un ordine impartito dal datore di lavoro;
– per “necessità” ossia dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato;

3) Il lavoratore può utilizzare la propria automobile?
Il risarcimento scatta anche se il lavoratore ha utilizzato la propria auto privata a condizione che tale scelta sia necessitata [2]: si pensi al caso in cui la zona ove vi è il posto di lavoro non è servita da mezzi pubblici o, per raggiungerla con questi ultimi, il tempo sarebbe eccessivo e troppo oneroso.

Secondo alcune pronunce della Cassazione, è consentito utilizzare il mezzo privato quando:

– mancano mezzi pubblici [3];
– esistono mezzi pubblici ma non consentono la puntuale presenza sul luogo di lavoro, oppure sono eccessivamente disagevoli o gravosi in relazione alle esigenze di vita familiare del lavoratore [4].
Ovviamente il conducente dovrà rispettare il codice della strada: diversamente, non potrà essere risarcito.

4) Quale tipo di infortunio viene risarcito dall’Inail?
Con la sentenza delle Sezioni Unite cui si faceva riferimento in apertura di articolo, la Suprema Corte ha chiarito che non tutti i tipi di sinistri possono essere risarciti, ma solo quelli che dipendono da vicende collegabili in via diretta con il lavoro. Pertanto, tanto per fare un esempio, se il lavoratore viene aggredito da qualcuno che ce l’ha con lui per motivi personali non c’è alcun collegamento tra l’infortunio e il lavoro e, pertanto, nessun risarcimento è dovuto. Stesso discorso per la donna che venga molestata da uno stalker.

5) I presupposti per l’infortunio in itinere restano infatti:

– la causa violenta ­
– l’occasione di lavoro

Pertanto, l’infortunio è indennizzabile soltanto quando la causa violenta inerisce comunque all’attività di servizio o è almeno occasionata dall’esercizio di un’attività di lavoro. È dunque escluso che possa essere chiamato l’Inail a coprire le spese quando il collegamento fra l’incidente e il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione alla sede di lavoro risulta fondato soltanto su una semplice coincidenza di tempo e di luogo.

Nel caso di specie, la Corte ha respinto il ricorso degli eredi di una donna accoltellata dal convivente lungo il tragitto casa-lavoro in orario vicino all’inizio del servizio: in questo caso il lavoratore corre un rischio che è del tutto scollegato dall’adempimento dell’obbligazione lavorativa e si trova esposto a un pericolo individuale che lo segue ovunque, indipendentemente dal fatto che si rechi o meno al lavoro.

Insomma, per dare luogo al risarcimento, il collegamento con l’occasione di lavoro non deve essere marginale, e basato esclusivamente su una semplice coincidenza di tempo e luogo.

Ovviamente a fare da spartiacque resta sempre il caso concreto. Per esempio, in passato la Cassazione ha ritenuto indennizzabile, come infortunio in itinere, la rapina subita dal lavoratore nel percorso casa-lavoro per sottrargli la moto utilizzata, individuano in questo modo il collegamento con il lavoro nel possesso di un bene patrimoniale “quale strumento necessario attraverso il quale si realizzava l’iter protetto”.