Addio Tfr, quali
benefici per la pensione futura?
Devoluzione obbligatoria del Tfr ai fondi
pensione: vale la pena di rinunciare alla liquidazione per integrare il futuro
trattamento?
In
questi giorni si discute parecchio sull’Ape, l’anticipo pensionistico, ma non bisogna
dimenticarsi che un altro importantissimo provvedimento è allo studio: la devoluzione obbligatoria del
trattamento di fine rapporto, il Tfr,
ai fondi pensione.
Per
chi ha il cosiddetto “posto sicuro” può sembrare che la questione abbia poca
rilevanza: in azienda o presso un fondo, si tratta di una somma al di fuori
della disponibilità
del dipendente. Tuttavia, la rilevanza c’è ed è significativa: in primo luogo
in quanto sono sempre di meno, specie nel settore privato, i dipendenti ad
avere il “posto sicuro”,
quindi ritrovarsi, al momento della perdita dell’impiego, senza la
disponibilità della liquidazione
è un problema non da poco.
In
secondo luogo, devolvere il Tfr a
un fondo
significa non avere la possibilità di ottenerlo in busta paga, per chi ha
necessità di un’integrazione dello stipendio.
Terzo
e non ultimo, emerge la problematica in capo alle aziende, che si ritrovano
private di una grossa parte della loro liquidità.
Dall’altra
parte della “bilancia”, però, abbiamo un aumento
della pensione per i dipendenti, grazie alla devoluzione del
Tfr alla previdenza complementare:
ma quest’integrazione è davvero necessaria? Comporta benefici tangibili o
trascurabili?
Pensione: calcolo
contributivo e retributivo
Per
rispondere alle domande, è prima necessario capire qual è la differenza, “in
soldoni”, tra un trattamento calcolato col metodo retributivo ed uno calcolato interamente
col contributivo.
Il retributivo, il vecchio metodo
utilizzato per il calcolo della
pensione (lo possono utilizzare sino al 31 dicembre 2011 coloro
che hanno più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, e sino al 31
dicembre 1995 coloro che alla stesa data ne hanno meno), si basa sugli ultimi
stipendi e sulle settimane di contribuzione versate.
Facciamo
un esempio, semplificando con estrema sintesi il calcolo:– la media degli ultimi stipendi di Tizio è pari a 30.000 euro;
– Tizio ha versato 40 anni di contributi;
– moltiplicando gli anni di contribuzione per il coefficiente del 2%, Tizio ottiene l’80% dell’ultimo stipendio, come assegno di pensione, dunque 24.000 euro.
Il calcolo retributivo, in realtà,
è molto più complesso e si basa su due quote, la A (che tiene conto degli
ultimi 5 anni di stipendio e delle settimane di contributi versati al 31
dicembre 1992) e la B (che tiene conto degli ultimi 10 anni di stipendio e
delle settimane di contributi versati al 31 dicembre 2011, per chi ha oltre 18
anni di contribuzione versata al 31 dicembre 1995, o sino a tale ultima data,
per chi ne possiede di meno). Entrano poi in gioco le rivalutazioni di tutti gli stipendi
presi in considerazione. Per approfondimenti: Calcolo
della pensione, come si fa.
Molto
meno vantaggioso è, invece, il calcolo
contributivo, che si basa sulla contribuzione versata nell’arco
della vita lavorativa, accantonata e rivalutata (con tassi di rivalutazione
molto più bassi rispetto a quelli utilizzati per il retributivo, in quanto ci
si basa sulla variazione quinquennale del Pil nominale), trasformata in pensione da un coefficiente che
aumenta in base all’età.
Calcolo contributivo:
confronto con la pensione retributiva
Per
comprendere meglio la differenza, prendiamo a riferimento lo stesso lavoratore
ed ipotizziamo che il suo stipendio sia stato pari a 15.000 euro nei primi 10
anni, pari a 20.000 dal 10° al 20° anno, pari a 25.000 dal 20° al 30°, poi pari
a 30.000 euro negli ultimi 10 anni (rispecchiando così la proiezione appena
vista relativamente al calcolo retributivo).
Il
lavoratore ottiene (ipotizzando una contribuzione annua, per tutti gli anni,
pari al 33%) un montante
contributivo non rivalutato di 297.000 euro ed un montante
rivalutato (ipotizzando una rivalutazione minima ed una crescita zero) di
330.000 euro.
Ipotizzando
che Tizio si pensioni a 67 anni,
con un coefficiente di trasformazione del 5,7%, ottiene un trattamento pari a
18.810 euro: oltre 5.000 euro in
meno all’anno.
Ma la
proiezione potrebbe essere molto peggiore di così, se consideriamo che
periodicamente vengono abbassati i coefficienti
di trasformazione: se, ad esempio, in futuro il coefficiente
per chi i 67enni fosse abbassato al 5%, la pensione spettante sarebbe pari a
16.500 euro, con una perdita di
oltre 2.000 euro.
Calcolo della pensione:
cosa cambia con la devoluzione del Tfr?
Se,
invece, ipotizziamo, prendendo come riferimento il primo calcolo contributivo
effettuato, di integrare tutte le retribuzioni col Tfr (pari al 6,91% dello stipendio annuo),
otteniamo un montante non rivalutato pari a circa 317.500 euro che, con le rivalutazioni,
si avvicinerebbe ai 360.000. La pensione, considerando il coefficiente
attualmente vigente per i 67 anni, sarebbe dunque pari a 20.520 euro annui. Un’integrazione non enorme, ma che
comunque può aiutare.
Certo
le proiezioni sarebbero migliori considerando una crescita come quella
ipotizzata dall’Inps nella busta
arancione, ma è assai improbabile, visto il perdurare della
crisi attuale, che in futuro possa ipotizzarsi uno scenario simile.
La
futura pensione potrebbe essere più alta, sicuramente, effettuando dei versamenti volontari ulteriori
rispetto alla devoluzione del Tfr: ad esempio, versando ogni anno 2000 euro,
nella precedente proiezione, si otterrebbe un montante non rivalutato di
344.000 euro circa e, rivalutato, pari a quasi 390.000 euro, con una pensione,
dunque, di 22.230 euro, molto più vicina alla vecchia pensione retributiva.
La previdenza complementare è
dunque utile e necessaria, ma in pochi possono permettersi un’integrazione
consistente, pertanto la devoluzione del Tfr è un buon aiuto, in questo senso.
Restano,
però, i problemi principali, come la discontinuità nella carriera lavorativa, l’esiguità
del reddito, l’innalzamento infinito dell’età della pensione: questioni che, sommate
insieme, demotivano i giovani non solo al versamento dei contributi integrativi, ma
anche di quelli obbligatori.
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articolo
estratto da "LLpT -la Legge per tutti" - 09/05/2016
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