lunedì 29 febbraio 2016


Licenziamento: come funziona la conciliazione veloce


Nuova conciliazione per il licenziamento col contratto a tutele crescenti: come funziona ed a quanto ammonta l’indennità.

Il Jobs Act, per i lavoratori assunti dal 7 marz 2015 in poi, col cosiddetto contratto a tutele crescenti, ha modificato profondamente la disciplina del licenziamento, introducendo degli indennizzi proporzionati all’anzianità di servizio.

Oltre a questo, il Jobs Act ha messo in campo una nuova procedura di conciliazione veloce per evitare il  contenzioso: tramite la conciliazione, il lavoratore riceve dal datore un importo esente da tasse e contributi, senza necessità di andare in giudizio.

Vediamo, nel dettaglio, come funziona la conciliazione veloce, e a quanto ammonta l’importo dovuto dal datore di lavoro.

  Conciliazione veloce: quando è permessa

La conciliazione cosiddetta “a tutele crescenti” è ammessa per il licenziamento dei seguenti lavoratori:

 – dipendenti assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015;

– dipendenti a tempo determinato trasformati a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015;

apprendisti con rapporto instaurato dal 7 marzo 2015.

 La procedura di conciliazione deve essere attivata in una sede protetta, come la Direzione territoriale del lavoro, un sindacato, o una commissione di conciliazione istituita presso un diverso ente.

Conciliazione veloce: come funziona


Al fine di evitare il contenzioso, il datore di lavoro offre al dipendente licenziato un importo pari a:

 – 1 mese di stipendio (più precisamente, una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr), per ogni anno di servizio, con una soglia minima di due mensilità e massima di 18 mensilità;

– se l’azienda ha un organico con meno di 15 dipendenti, l’importo è dimezzato e può avere un minimo di 1 ed un massimo di sei mensilità.

 L’offerta deve avvenire entro 60 giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della comunicazione di licenziamento (ossia entro il termine per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento).

La somma pattuita deve essere corrisposta mediante un assegno circolare.

 

L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore comporta:

 – l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento;

 – la rinuncia a impugnare il licenziamento (anche se il lavoratore l’ha già impugnato);

 – il diritto alla Naspi (in presenza dei requisiti contributivi e del minimo di giornate di lavoro nei 12 mesi che precedono il licenziamento).

 La somma ricevuta in sede di conciliazione non è imponibile né contributivo né fiscale (cioè è esente da imposte e contributi): se, tuttavia, viene offerto un importo aggiuntivo per definire altre questioni, l’importo extra è soggetto a imposizione e contribuzione.

Unilav Conciliazione


Una volta terminata la procedura di conciliazione, anche se il dipendente non ha accettato l’offerta, il datore di lavoro deve comunicare l’avvenuta definizione del procedimento.

La comunicazione deve essere inviata tramite il sito Clic Lavoro (è necessario accreditarsi come azienda) entro 65 giorni dalla data di cessazione, con modello Unilav Conciliazione.

Se non si invia la comunicazione, si è soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro.

- articolo estratto da "LLpT -la Legge per tutti" - 25/02/2016

Aspettativa successiva alla malattia e periodo di comporto

Aspettativa successiva alla malattia e periodo di comporto

Ai fini del superamento del periodo di comporto, il periodo di aspettativa, successivo a quello di malattia, non può essere computato nell'arco temporale previsto dalla disciplina collettiva ma va considerato come periodo ‘neutro’. Il datore di lavoro può, quindi, legittimamente esercitare i diritti di recesso ove, al termine dell'aspettativa, il lavoratore non rientri in servizio o si assenti nuovamente per malattia, e l'assenza, sommata alle precedenti, superi il periodo cosiddetto ‘interno’ entro l'arco temporale esterno, da calcolarsi escludendo il periodo di aspettativa (Cass. n. 3297/2016).
Questo il principio confermato dalla Corte di Cassazione a proposito del ricorso di una lavoratrice che chiedeva l’illegittimità del licenziamento intimatole per superamento del periodo di comporto per sommatoria.
Già la Corte di appello di Venezia si era espressa in tal senso, ritenendo che i periodi di aspettativa per malattia fruiti dalla lavoratrice non dovessero essere calcolati, non solo, come giorni di malattia, ma neppure per la determinazione del limite "esterno" del comporto, pari a 1080 giorni, in virtù delle previsioni della norma collettiva in materia (nella specie art. 32 c.c.n.I. elettrici) e in conformità alla ratio dell'istituto dell'aspettativa.
Con unico motivo la ricorrente denunciava violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e seguenti c.c. nonché, violazione e falsa applicazione dell'art. 32 del c.c.n.I. - con particolare riferimento ai commi 2 e 3 concernenti il diritto alla conservazione del posto per effetto di una pluralità di episodi morbosi ed a quello concernente la concessione di un periodo di aspettativa non retribuita con decorrenza dell'anzianità di servizio -rilevando come dal tenore letterale delle norme collettive richiamate, e tenuto conto delle finalità dell'istituto dell'aspettativa, si potesse ricavare che nel computo dei giorni che consentono il superamento del comporto, e quindi la risoluzione lecita del rapporto di lavoro per malattia, non fossero da computarsi i periodi di aspettativa concessi dal datore di lavoro a richiesta del dipendente.

La Cassazione non ha accolto il ricorso, ritenendolo in primis inammissibile perché di mera riproposizione delle ragioni difensive presentate nel giudizio di appello, a contrasto del gravame e a presidio della decisione, favorevole alla ricorrente, del Tribunale di Verona; anche le ulteriori osservazioni presentate si muovono nell'ambito dei discorsi argomentativi del primo giudice, avendo presenti non già le esigenze di una critica di legittimità alla sentenza impugnata ma quelle di una difesa della decisione di primo grado (cfr. Cass. 3 agosto 2007, n. 17125).
Inoltre, confermando l’orientamento giurisprudenziale recente (cfr. sentenza 12 febbraio 2015, n. 2794), la Corte ha concluso che nel caso di concessione di un periodo di aspettativa, successivo a quello di malattia, il relativo periodo non può essere computato nell'arco temporale dei trentasei mesi previsti dalla disciplina collettiva ma va considerato come periodo ‘neutro’, sicché il datore di lavoro può legittimamente esercitare i diritti di recesso ove, al termine dell'aspettativa, il lavoratore non rientri in servizio o si assenti nuovamente per malattia, e l'assenza, sommata alle precedenti, superi il periodo cosiddetto ‘interno’ entro l'arco temporale esterno, da calcolarsi escludendo il periodo di aspettativa


finanziamenti per i giovani che vogliono fare impresa


Dal 1°marzo i finanziamenti per i giovani che vogliono fare impresa


Dalle ore 12.00 del 1° marzo potranno essere inviate, esclusivamente online, le domande per accedere ai finanziamenti di Selfiemployment, il nuovo fondo rotativo nazionale promosso dal Ministero del lavoro che mette a disposizione finanziamenti agevolati senza interessi per gli iscritti al Programma Garanzia Giovani che vogliono mettersi in proprio o avviare un’attività imprenditoriale.
Nel dettaglio SELFIEmployment è rivolto ai giovani che:
-hanno tra i 18 e i 29 anni;
- sono Neet(Not in education, employment or training), cioè non hanno un lavoro e non sono impegnati in percorsi di studio o di formazione professionale;
- sono iscritti al programma Garanzia Giovani e hanno concluso l’accompagnamento allo startup di impresa.
I giovani possono avviare iniziative di autoimpiego e di autoimprenditorialità presentando la domanda nelle seguenti forme:
- 1. Imprese individuali, società di persone, società cooperative composte massimo da 9 soci. Sono ammesse le società costituite da non più di 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda, purché inattive e quelle non ancora costituite, a condizione che vengano costituite entro 60 giorni dall’eventuale ammissione alle agevolazioni;
2. Associazioni professionali e società tra professionisti costituite da non più di 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda, purché inattive.
Possono essere finanziate le iniziative in tutti i settori della produzione di beni, fornitura di servizi e commercio, anche in forma di franchising, come ad esempio:
- turismo (alloggio, ristorazione, servizi) e servizi culturali e ricreativi;
- servizi alla persona;
- servizi per l’ambiente;
- servizi ICT (servizi multimediali, informazione e comunicazione);
- risparmio energetico ed energie rinnovabili;
- servizi alle imprese;
- manifatturiere e artigiane;
- commercio al dettaglio e all'ingrosso;
- trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, ad eccezione dei casi di cui all’articolo 1.1, lett. c), punti i) e ii) del Reg. UE n. 1407/2013.
Sono esclusi i settori della pesca e dell’acquacultura, della produzione primaria in agricoltura e, in generale, i settori esclusi dall’articolo 1 del Regolamento UE 1407/2013.

La domanda e il relativo business plan possono essere inviati dal 1° marzo 2016 alle 12.00 esclusivamente online, attraverso la piattaforma informatica di Invitalia. Per concludere la procedura di presentazione della domanda è necessario possedere una firma digitale e un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC). Le modalità di presentazione della domanda, i dettagli sugli incentivi e i criteri di valutazione sono descritti nell’Avviso Pubblico del Ministero del Lavoro.
Invitalia provvede, di concerto con il Ministero del lavoro, all’istruttoria dei business plan, all’erogazione del credito agevolato, alla gestione, controllo e monitoraggio della misura. L’Agenzia renderà inoltre disponibili servizi di tutoraggio per le nuove iniziative ammesse al finanziamento.


martedì 16 febbraio 2016


Se lavoro durante il congedo parentale mi licenziano?


Prestazione di attività lavorativa durante il congedo parentale: restituzione indennità, restituzione contributi figurativi, rischio di licenziamento.

 Con i nuovi decreti attuativi del Jobs Act, accedere al congedo parentale (noto anche come astensione per maternità facoltativa) è diventato più semplice: difatti, per i dipendenti, il congedo parentale può essere retribuito sino ai 6 anni di età del bambino, e l’astensione non retribuita arriva sino al compimento del 12° anno di età (per approfondimenti, vedi come funziona il nuovo congedo parentale).

Ma che cosa succede se si lavora durante tali periodi di astensione?

Lavoro durante il congedo parentale retribuito


Come accennato, il periodo di astensione retribuita (con indennità pari al 30% della retribuzione), può essere fruito sino ai 6 anni di età del bambino. Possono essere, però, indennizzati, dei 10 mesi complessivamente spettanti ai due genitori (11 mesi in determinate condizioni), soltanto 6 mesi di congedo in totale, tra padre e madre (in pratica, se la madre ha già fruito di 4 mesi di congedo parentale retribuito, il padre potrà vedersi riconoscere l’indennità per soli 2 mesi, sino al 6° anno di età del bambino; le ulteriori mensilità fruibili non vengono indennizzate).

 Se il dipendente presta un’altra attività di lavoro (subordinato, autonomo o parasubordinato), è tenuto a restituire le indennità illegittimamente percepite, ed i contributi accreditati, in quanto l’attività lavorativa è incompatibile con tale astensione facoltativa.

 
 Congedo parentale con due contratti part time

L’unica eccezione all’incompatibilità si verifica quando il dipendente ha più contratti part time, per la precisione a tempo parziale orizzontale: in questo caso, può esercitare il diritto al congedo parentale relativamente ad uno solo dei suddetti rapporti, e proseguire l’altro, o gli altri, contratti in essere senza interrompere l’attività.

In questa ipotesi, infatti, durante l’assenza non si intraprende una nuova attività lavorativa, ma il dipendente si limita a proseguire l’attività (o le attività) già in essere al momento della richiesta di congedo.
 

 Lavoro durante il congedo parentale non retribuito

L’incompatibilità con la prestazione di attività lavorativa non viene a cadere, anche se il congedo parentale non è indennizzato: durante i periodi di astensione facoltativa non retribuita, difatti, al dipendente sono comunque accreditati i contributi figurativi.

Laddove sia accertato lo svolgimento contemporaneo di un altro lavoro ( e non si rientri nell’ipotesi di più contratti part time), i contributi accreditati sono cancellati dall’Estratto conto Inps, come confermato da una nota circolare dell’Istituto [1].

 

Lavoro durante il congedo parentale e licenziamento


Lo svolgimento di un’altra attività lavorativa durante i periodi di congedo parentale potrebbe configurare addirittura un abuso idoneo ad essere valutato dal giudice come giusta causa di licenziamento: in questo senso si è espressa la Cassazione, con una nota sentenza del 2008 [2]; in senso contrario, invece, si è pronunciata la stessa Cassazione, con un’altra importante sentenza del 2011 [3], per la quale la sola violazione dell’obbligo di astenersi dal lavoro durante il congedo non è di per sé sufficiente a legittimare il licenziamento.

Ad ogni modo, licenziamento o no, lavorare durante i periodi di astensione facoltativa, oltreché comportare la restituzione delle indennità ed il mancato accredito dei contributi, potrebbe dar luogo all’irrogazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro (per approfondimenti, vedi : sanzioni disciplinari, quando sono illegittime).

 

Frazionamento del congedo parentale


Dal 2015, il congedo parentale può essere fruito anche in modalità oraria: con tale tipologia di frazionamento, risulta certamente difficile stabilire se è stata prestata altra attività lavorativa durante il congedo parentale.

È possibile anche il frazionamento giornaliero, in modo da inframezzare il congedo con giornate lavorative. Tuttavia, è sconsigliabile utilizzare il frazionamento come “sotterfugio” per lo svolgimento di una contemporanea attività lavorativa, non solo perché l’incompatibilità potrebbe essere comunque contestata, ma anche perché si andrebbero a ledere i principi di correttezza e buona fede, ai quali sia il dipendente che il datore di lavoro sono vincolati, nell’esecuzione del contratto.

articolo estratto da "LLpT -la Legge per tutti" - 15/02/2016

 

lunedì 15 febbraio 2016


La causale per ogni bonifico bancario


Evitare problemi con Agenzia delle Entrate e creditori: la dicitura da riportare come causale per bonifico di prestiti, lavori edilizi, pagamenti, donazioni, giroconto, rimborso spese.

 Qual è la causale più corretta da riportare in caso di bonifico bancario? In realtà, non esiste una regola generale: tutto dipende dal motivo (appunto la “causa”) per cui avviene il trasferimento di soldi da un conto corrente a un altro. Di certo, quello che un tempo si faceva con molta leggerezza, senza pensare che dietro un movimento bancario vi potesse essere l’occhio del fisco pronto a chiedere chiarimenti, oggi è invece oggetto di riflessione anche da parte del professionista. L’errore, certo, non può pregiudicare la sostanza dell’operazione bancaria e trasformare in illecito ciò che è lecito. Tuttavia, una corretta qualificazione del trasferimento di denaro aiuterà a evitare problemi futuri con il fisco e l’onere di una prova contraria che, dopo numerosi anni, potrebbe diventare ardua.

 In questo articolo, abbiamo selezionato i casi più ricorrenti di bonifici bancari che avvengono tra privati (siano essi persone fisiche o imprese), suggerendo, per ognuno di essi, una possibile causale di pagamento: dalle donazioni tra familiari, ai prestiti, dal “bonifico parlante” per i lavori edilizi con le detrazioni ai pagamenti a titolo di acconto o di saldo, ecc.

Ricordiamo, infine, che per effetto della legge di Stabilità 2016 [1], i pagamenti fino a 3.000 euro possono essere fatti in contanti. In tal caso, però, è necessario sempre farsi rilasciare una quietanza di pagamento. In ogni caso, il bonifico garantirebbe anche la data certa, sicché la prova del pagamento sarebbe più difficilmente contestabile.

 La causale per le ristrutturazioni: il bonifico parlante
Iniziamo subito dalla causale richiesta dal fisco nel caso di lavori edilizi al fine di ottenere le relative detrazioni. In tal caso, la corretta causale è condizione per ottenere il beneficio fiscale. Si parla, a riguardo, di “bonifico bancario”. La dicitura è identica per qualsiasi tipo di operazione: dall’acquisto di finestre, all’abbattimento di un muro, alla sostituzione delle porte alla realizzazione di un cartongesso come soppalco.

 Ecco la causale:

Bonifico lavori edilizi con detrazione art. 16-bis dpr 917-86

Pag. Fatt. N. __ del __ a favore di ____ p.iva ________

Beneficiario detrazione ___________ c.f. ____________”

 
 La legge stabilisce che la detrazione scatta a condizione che i pagamenti siano stati eseguiti con bonifico bancario o postale “parlante”, ossia con tutte le indicazioni previste dalla legge (cioè, indicazione completa del codice fiscale del soggetto che sostiene la spesa, della partita Iva della ditta venditrice e installatrice dell’impianto, e della causale di versamento). Viceversa, se il bonifico non è completo di tali indicazioni, occorre ripetere il pagamento, in accordo con l’impresa esecutrice dei lavori che deve restituire la somma ricevuta in precedenza.
 
 La causale per la restituzione di un prestito a un amico
Nel caso in cui una persona abbia effettuato un prestito di denaro a un altro soggetto e, in base agli accordi, la restituzione della somma non prevede anche la maturazione di interessi, la causale del bonifico deve specificare la natura “infruttifera” del prestito (ossia non produttiva di interessi). Diversamente, infatti, il soggetto mutuante (chi ha effettuato il prestito) potrebbe essere oggetto di un accertamento fiscale per non aver dichiarato il reddito derivante dai relativi interessi.

 Ecco la causale:

Restituzione prestito (infruttifero) ricevuto in data ________”

oppure:

Restituzione prestito (infruttifero) per __________  (inserire la ragione del prestito come, ad esempio, “acquisto auto”)

 La causale per il pagamento di una rata di un contratto
Molto spesso un contratto prevede il pagamento del corrispettivo a rate. In tal caso, il pagamento della singola rata può avvenire con la seguente dicitura:

 Ecco la causale:

Pagamento scadenza come da contratto del __________

 
 Causale per pagamento stipendio contestato al dipendente
Se tra il datore di lavoro e il lavoratore dipendente sorgono delle contestazioni in merito a differenze retributive (per esempio per straordinari, ferie non godute, mensilità non corrisposte, ecc.), il datore di lavoro potrà bonificare la somma eventualmente concordata, alla presenza dei sindacati o della Direzione Territoriale del Lavoro usando la seguente dicitura:

 Ecco la causale:

Saldo a totale soddisfo di ogni spettanza come da accordo del _____

Causale per pagamento parcella avvocato o professionista

Anche nel caso di pagamento di una parcella di un professionista, è sempre bene indicare chiaramente, nella causale, la ragione del bonifico.

 Ecco la causale:

Saldo onorario vs. Fattura n. ___ del ________

 Causale per regalo dal genitore al figlio
Il capitolo “donazioni tra parenti” è particolarmente delicato perché spesso, se non viene dimostrato il trasferimento del denaro, con la corretta tracciabilità della somma, potrebbero sopraggiungere problemi di carattere fiscale. In particolare, se la somma è ingente e serve per acquistare beni considerati “di lusso” (per es. l’auto, la moto, una casa), la spesa potrebbe far scattare il redditometro. Ecco perché è sempre meglio, in questi casi, utilizzare il bonifico bancario.

 Ecco la causale:

Regalo di papà

Oppure, se la donazione è legata a un evento particolare:

Regalo di papà per _______(inserire evento come ad esempio laurea, compleanno, ecc.)
 

Causale per donazione indiretta

Può capitare che il padre, anziché donare direttamente i soldi al proprio figlio, preferisca versarli al rivenditore del bene che intende regalargli (per es. la concessionaria dell’auto), chiedendo poi a quest’ultimo di intestare il bene non a chi ha effettuato il pagamento (il genitore) ma al beneficiario della donazione (il figlio). Questo schema negoziale si chiama donazione indiretta.

Anche per la donazione indiretta è bene usare una apposita causale.

 Ecco la causale

“Acquisto auto(o altro bene) per mio figlio _____ (inserire nome e cognome del figlio)

Causale per l’acquisto dii un casa che viene intestata al figlio

Anche in questo caso, come in quello precedente, lo schema della donazione indiretta può essere usato dal genitore per comprare la casa al figlio.

 Ecco la causale:
Saldo acquisto immobile intestato al figlio (inserire nome e cognome)

Causale con cui il fratello dà un aiuto all’altro fratello a titolo di contributo

I regali (o meglio, donazioni) tra fratelli e sorelle sono assai frequenti. Proprio per questo, è sempre opportuno conservarne traccia con bonifico.

 Ecco la causale:

Regalo per mio fratello _____________

Prestito infruttifero per mio fratello ___________
 

Causale con cui il titolare di due conti sposta una somma da un conto all’altro

L’operazione con cui il titolare di un conto corrente sposta una propria somma da un conto a un altro si chiama Giroconto. In tal caso, la causale del giroconto è molto semplice e immediata:

basta scrivere:

Giroconto

Causale con cui il dominus di studio eroga un contributo spese ai collaboratori

Quando un professionista (un avvocato, un commercialista, ecc.) eroga una somma a titolo di corrispettivo per delle prestazioni occasionali eseguite dai propri collaboratori è bene che faccia transitare tutto dal conto corrente dell’attività professionale, per evitare confusioni e problemi con il fisco.

 Ecco la causale:

Rimborso spese documentate come da nota ________

  

Causale con cui il marito dà i soldi alla moglie per pagare le bollette

Quante volte avviene che alcune delle utenze sia intestate a un coniuge e le altre all’altro coniuge. In tal caso, se per esempio il marito vuol contribuire al pagamento delle bollette intestate alla moglie, potrà girare a quest’ultima gli importi sul conto corrente.

 Ecco la causale:


Bonifico per pagamento spese correnti di famiglia
  

Causale con cui il socio preste le somme alla società

Capita spesso, specie nelle piccole società, che il socio di maggioranza o il socio unico versi sul conto dell’azienda somme di propria spettanza. Il che avviene magari per procedere a spese urgenti o per finanziare l’attività. In questo caso risulta fondamentale usare il bonifico bancario per evitare problemi fiscali.

 Ecco la causale:

Finanziamento infruttifero socio _____  a favore della società
 

Causale con cui il socio versa il capitale sociale sottoscritto

Quando viene costituita una società, il socio è tenuto a sottoscrivere e a versare una quota del capitale sociale. Nel momento in cui effettua tale operazione deve necessariamente valersi del bonifico bancario. Anche in questo caso la dicitura per il bonifico è fondamentale:

 Ecco la causale:

Versamento capitale sociale socio ____________
 

Causale per versamento somme in conto capitale

Il socio potrebbe essere chiamato a versare somme in conto capitale eccedenti il capitale sociale sottoscritto. Anche in tal caso, il bonifico risulta essenziale.

 Ecco la causale:

Versamento somme in conto capitale sociale socio _________

articolo estratto da "LLpT -la Legge per tutti" - 14/02/2016

mercoledì 10 febbraio 2016






Bonus assunzione disoccupati, ispezioni a tappeto dell’Inps

 Partono le verifiche annunciate dall’Inps in merito alla spettanza del Bonus per l’assunzione di disoccupati: a rischio gli assunti nel 2015.

 Con un recente comunicato del Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro [1] sono stati resi noti diversi approfondimenti ed aggiornamenti in merito alle attività dell’Inps nei confronti di aziende e professionisti.

 In particolare, è stato preannunciato un imminente intervento di verifica sulla legittimazione delle assunzioni con sgravio triennale (noto anche come Bonus assunzione disoccupati) effettuate entro il 31 dicembre 2015: le verifiche saranno volte ad individuare le eventuali elusioni della normativa, e comporteranno la revoca del beneficio e la restituzione degli sgravi  illegittimamente fruiti.

Bonus assunzione disoccupati: come funziona

Ricordiamo che il Bonus per l’assunzione disoccupati dà diritto:

– per gli assunti nel 2015, a uno sgravio contributivo triennale, pari al 100% dei contributi a carico del datore di lavoro, sino a un tetto massimo di 8.060 euro;

 – per gli assunti nel 2016, a uno sgravio contributivo biennale, pari al 40% dei contributi a carico del datore di lavoro, sino a un tetto massimo di 3.250 euro.

Le verifiche dell’Inps riguarderanno soltanto gli sgravi contributivi triennali, relativi alle assunzioni effettuate nel 2015.

Bonus assunzione disoccupati: i lavoratori a rischio

L’Inps, per quanto concerne le verifiche imminenti, ha individuato tre livelli di rischio, sui quali verteranno le ispezioni per verificare abusi ed elusioni della normativa:

 – lavoratori che hanno avuto un contratto a tempo indeterminato presso lo stesso datore di lavoro, anteriormente ai 6 mesi precedenti l’assunzione col bonus;

 – lavoratori che, prima dei sei mesi dall’assunzione col bonus, erano assunti presso un datore di lavoro appartenente allo stesso settore produttivo;

 – assunzioni con bonus effettuate da aziende in cassa integrazione straordinaria.

 Per quanto riguarda il primo livello di rischio, gli ispettori dell’Inps verificheranno se l’interruzione di almeno 6 mesi, tra un rapporto e l’altro con lo stesso datore, sia stata effettiva.

 Per quanto concerne la seconda area di rischio, il datore di lavoro dovrà dimostrare agli ispettori che, con la diversa azienda appartenente allo stesso settore, non esiste alcun collegamento societario.

 Infine, per il terzo livello di rischio, il datore dovrà dimostrare che le assunzioni siano state fatte per mansioni differenti dal personale collocato in cassa integrazione straordinaria (in quanto è possibile fruire del bonus, per le aziende in cigs, solo qualora le nuove assunzioni siano volte ad acquisire professionalità diverse da quelle possedute dai lavoratori in integrazione salariale).

Bonus assunzione disoccupati: revoca


Qualora gli ispettori dell’Inps accertino, nel concreto, la non sussistenza delle condizioni per fruire del Bonus, per i lavoratori non ci saranno conseguenze, ma le ripercussioni negative saranno in capo ai datori di lavoro: questi, infatti, dovranno restituire tutti gli importi illegittimamente percepiti (anche se non si tratta di un’erogazione vera e propria, ma di uno sgravio sui contributi, il vantaggio economico esiste ugualmente), maggiorati degli oneri accessori, e decadranno dal Bonus.

articolo estratto da "LLpT -la Legge per tutti" - 09/02/2016

giovedì 4 febbraio 2016