Fumare spinelli durante l’orario lavorativo sul posto di lavoro mette a rischio il mantenimento dell’impiego perché lede il rapporto di fiducia del datore di lavoro circa la qualità della prestazione lavorativa.
La fattispecie in esame riguarda il licenziamento di un operaio della Fiat, addetto all’individuazione dei guasti di macchine ed impianti, per aver visionato a lungo, in orario di lavoro, un PC portatile introdotto senza autorizzazione e avere fumato due sigarette preparate con sostanze stupefacenti.
Ricorso in primo grado, il dipendente si era visto accogliere la richiesta in quanto veniva ritenuta eccessiva la sanzione della perdita del posto di lavoro. Tuttavia, la Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva invece rigettato l'impugnativa, in quanto, dovendosi valutare la legittimità del licenziamento in relazione alla fiducia che il datore di lavoro doveva porre nella corretta esecuzione delle future prestazioni lavorative, la sanzione adottata era proporzionata al comportamento addebitato poiché, avuto riguardo al contenuto specifico della mansioni di manutentore affidategli, il comportamento del lavoratore contrastava con i doveri di diligenza e fedeltà del lavoratore dipendente connessi al suo inserimento nella struttura e nell'organizzazione aziendale.
E’, infatti, principio consolidato in giurisprudenza che al giudice del merito spetti, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito.
Pertanto, secondo la Cassazione, la motivazione della sentenza impugnata è formalmente logica ed adeguata sicché le è precluso qualsiasi sindacato di legittimità sull'apprezzamento delle emergenze istruttorie.
Va annotato, poi, che la Corte del merito ha preso in considerazione, ai fini della proporzionalità della sanzione del licenziamento, la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e ad incidere sull'elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro ed in tale contesto ha, altrettanto correttamente, tenuto conto della specificità dei compiti affidati al lavoratore (individuazione dei guasti e malfunzionamenti di macchine ed impianti) rispetto ai quali il comportamento addebitato, risultato accertato alla stregua delle emergenze istruttorie, è stato ritenuto idoneo a far venir meno irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro nella correttezza delle future prestazioni lavorative.
Ricorso in primo grado, il dipendente si era visto accogliere la richiesta in quanto veniva ritenuta eccessiva la sanzione della perdita del posto di lavoro. Tuttavia, la Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva invece rigettato l'impugnativa, in quanto, dovendosi valutare la legittimità del licenziamento in relazione alla fiducia che il datore di lavoro doveva porre nella corretta esecuzione delle future prestazioni lavorative, la sanzione adottata era proporzionata al comportamento addebitato poiché, avuto riguardo al contenuto specifico della mansioni di manutentore affidategli, il comportamento del lavoratore contrastava con i doveri di diligenza e fedeltà del lavoratore dipendente connessi al suo inserimento nella struttura e nell'organizzazione aziendale.
E’, infatti, principio consolidato in giurisprudenza che al giudice del merito spetti, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito.
Pertanto, secondo la Cassazione, la motivazione della sentenza impugnata è formalmente logica ed adeguata sicché le è precluso qualsiasi sindacato di legittimità sull'apprezzamento delle emergenze istruttorie.
Va annotato, poi, che la Corte del merito ha preso in considerazione, ai fini della proporzionalità della sanzione del licenziamento, la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e ad incidere sull'elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro ed in tale contesto ha, altrettanto correttamente, tenuto conto della specificità dei compiti affidati al lavoratore (individuazione dei guasti e malfunzionamenti di macchine ed impianti) rispetto ai quali il comportamento addebitato, risultato accertato alla stregua delle emergenze istruttorie, è stato ritenuto idoneo a far venir meno irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro nella correttezza delle future prestazioni lavorative.
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